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Autostima e il bisogno di essere amati e accettati

Autostima e il bisogno di sentirsi amati e accettati

Il bisogno di essere amati, accettati e rispettati è un bisogno psicologico fondamentale che può essere soddisfatto fin dalla nascita attraverso relazioni sicure ed esperienze positive.

Maslow sostiene che esplorare i bisogni umani ci permette di comprendere i desideri e i bisogni fondamentali. Oltre ai bisogni primari, la piramide dei bisogni di Maslow comprende anche i bisogni sociali legati alle relazioni interpersonali e al senso di appartenenza, seguiti dai bisogni di stima. Questa gerarchia dei bisogni, universalmente riconosciuta, trova applicazione non solo nella psicologia e nelle scienze sociali, ma anche nel marketing e nel management.

Un ulteriore aiuto alla comprensione del bisogno di essere amati, accettati e stimati ci viene dalla teoria dell’attaccamento. Nell’interazione con i suoi caregiver il bambino sviluppa schemi di attaccamento stabili (Modelli operativi interni) e quando le cose vanno bene, ovvero quando il caregiver è accessibile e stabilmente disponibile alle richieste di aiuto, vicinanza e conforto espresse dal bambino, egli strutturerà una immagine di Sé positiva e percepirà se stesso come degno di amore (Bowlby, 1972).

Il pilastro dell’autostima: un’immagine positiva di se stessi

L'autostima si può definire come:

  • l’intima consapevolezza del proprio valore
  • la percezione di essere abili nel gestire con successo lo stress e le frustrazioni quotidiane
  • la capacità di regolare le emozioni in modo appropriato alla particolare situazione e al contesto culturale di appartenenza.

Come nel narcisismo sano, un livello adeguato di autostima richiede un Sé forte e ben definito, una sicurezza di base e un senso di autonomia psicologica. Inoltre, il livello di autostima dovrebbe mantenersi in modo relativamente stabile e realistico, né troppo elevato nè troppo basso. Se il livello di autostima è troppo basso, quasi sempre si accompagna a sentimenti d’inferiorità.

La sindrome dello zerbino e la paura di non valere abbastanza

Un esempio tipico, diventato molto popolare, è la Doormat Syndrome, nota come “sindrome dello zerbino”, in cui il costante bisogno di approvazione da parte degli altri, legato a una bassa autostima, porta a trascurare i propri bisogni e sentimenti (Namka L., 2000).

Gli individui che si riconoscono nella sindrome dello zerbino mostrano spesso un atteggiamento accomodante e sono costantemente preoccupati del giudizio altrui. Si dedicano con eccessiva dedizione a rendere felici gli altri (di solito il partner), trascurando il proprio benessere. In molti casi, questo comportamento li porta a essere sfruttati, poiché le loro relazioni sono caratterizzate da uno squilibrio nell'attenzione e nell'impegno reciproco.

È possibile riconoscere questi aspetti in diverse forme di dipendenza affettiva dove la paura dell’abbandono e il senso di inadeguatezza (non valere abbastanza e non essere degno di amore) possono avere un peso rilevante.

Anche nell’ambiente di lavoro, la mancanza di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità personali (cognitive e affettive) nel produrre una performance specifica e nell'ottenere i risultati attesi, può provocare disagio e generare problemi significativi nel lungo termine.

Nutrire la nostra autostima e sviluppare la fiducia nelle nostre abilità

È importante tenere a mente che ciascuno di noi possiede un potenziale da esprimere. Affrontare le sfide e confrontarsi con gli altri rappresenta un'opportunità di crescita e di autoapprendimento costante. Come descritto in Grinta e autodisciplina: fattori di successo per obiettivi a lungo termine è essenziale rivolgere lo sguardo al passato con gratitudine per le esperienze positive vissute. Questo ci consente di alimentare in modo realistico la nostra autostima e mantenere viva la fiducia nelle nostre capacità. Concentrarsi sulle opportunità che si presentano davanti a noi ci permette di superare gli ostacoli con determinazione e resilienza.

Nota: per non appesantire il testo è stato usato il maschile secondo le tradizionali regole in uso nella lingua italiana.

Fonti:

  • Bowlby J. (1972), Attaccamento e perdita, vol. 1, L'attaccamento alla madre. Bollati Boringhieri,Torino.
  • Lingiardi V. (2005), Personalità dipendente e dipendenza relazionale. In “Le dipendenze patologiche” a cura di Caretti V. e La Barbera D., Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Liotti G., (1994), La dimensione interpersonale della coscienza, Carocci, Roma.
  • Namka L., (2000), The Doormat syndrome, iUniverse, Bloomington, Indiana, USA.

Immagine: Adobe Stock